lunedì 9 marzo 2015

Affondo e stoccata

Vladimir Kush, Sysyphus



Compressione; e comprensione.
Non abbiamo tempo di alzarci, abbracciati dagli occhi delle persone, perché ad esse appariamo per sanità sociale già edotti, stabili, equiparabili ad una sezione nel tempo che si prolunga e diventa coerente, nella sua totalità bidimensionale. E dunque, più propriamente, essa non diventa, ma piuttosto permane coerente nell'aspetto generale.
Ci dimentichiamo la corruzione, il deterioramento, la mistificazione, ci dimentichiamo di essere forme incostanti, ed instabili. Dimentichiamo come non possa essere altrimenti; da cui le lunghe, fiacche esistenze all'insegna della compartecipazione dialettica ad absurdum, della manichea assicurazione (e rassicurazione) degli atti del processo.

Da qui, infine, la compulsione; e da qui, talvolta, se si ha fortuna, la compassione.
Il sarcasmo dei perdenti è l'unico funzionale, il vettore del grottesco, del mefistofelico, il resto è solo spettacolo di autocelebrazione povera, epica personale, leggenda soggettiva e di ira cerebrale. La stessa che in vuote sale rimbomba del suono di schiocchi di tacchi, di perle tintinnanti, e rabbrividisce, marchiandosi con pelle d'oca, per aperte finestre sul ciglio del sentiero, all'orlo del bosco, nella desolazione della vallata.
Non conosco ancora un modo per lasciare gli edotti alle loro divagazioni già giuste, non so quale sia la maniera di guardare gli occhi di chi vede solo ciò che è vero, non so nemmeno con quale parola richiamare l'attenzione dell'onesto. Essi si rispondono fra di loro soltanto, in un mondo altèro, àltero (sic), su olimpici monti di cristallo, inseguendosi fra arcate criselefantine, gettandosi nel buio dei gorghi marini e giocando in prigioni di vento e nuvole ed alghe e correnti gelate. Si sfuggono, suggerendosi a vicenda dove si andranno a nascondere la volta successiva.
Ma no, restate; ve ne prego restate. Non c'è bisogno che vi alziate. Non c'è tempo, per davvero, perché vi alziate. State giù. Io, proprio sì, lo preferisco. Alzatevi solo quando v'avrò dato le spalle, indaffarato come sono e sarò nei miei moti lunari, nelle ellissi stellari. Tra Cefeo e Cassiopea io ho eretto una porta; varcandola io discendo e palmo a palmo puntello i limiti estremi del cosmo alla ricerca di esemplari così come siete voialtri, con la faccia rubizza all'altezza del mio stivale. Ma che gusto poi ci sarebbe, dico io, ad aspettare che possiate fissarmi occhi negli occhi, simmetricamente naso a naso, e sopracciglio a sopracciglio? Tanto mi basta. Restate giù, datemi un attimo ancora per godere della mia eccelsa altezza e santissima coercizione.

Conclusione; e confessione
E tu, etereo spirito marchiatore?
Io cosa, mani polverose?
Ti sei mai preso il tempo per rimetterti in piedi, sempiterno colosso di lucentezza?
Oh, no, amico dai denti scheggiati e dagli umori fluttuanti, no. Io da quando son nato non mi son alzato mai.

§Johan Razev§

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