lunedì 9 marzo 2015

Trenta. E l'Ode.

Quando uno studente si siede davanti al professore il suo sguardo deve mimare una padronanza totale dell'argomento in esame. Qui entra in gioco la scelta di stile, di dialettica degli occhi, della piega delle labbra. E' un vasto universo che deve far soffermare l'esaminatore sul carattere espressivo, sulla fiducia, sulla buona disposizione. C'è chi ha passato gli ultimi mesi a sudare sul Lachmann, chi ne conosce una ragionevole parte, chi uno spicchio inconsistente e chi ha prediletto la fortuna come maestra dispensatrice di diciotto. Non cambia. La faccia che maschera la mente, seduta lì davanti, è proprio uguale uguale, nell'essenza. Tutti sono esaltazione vivente e forzosa della conoscenza impeccabile. Due domande, due occhiate sveglie, due altre interrogative. Così si svela l'arcano, e quelle facce allora mutano, si svelano e si spogliano. Dietro c'è l'apprensione, c'è la sorpresa, c'è talvolta l'arrendevolezza. Ma tutto parte dal fulcro originario. Siamo a farci la pelle flaccida, l'occhio stanco, per disarmare, prima di colpire. Siamo spiegazioni di vecchio stampo, siamo granitiche forme di adulazione o refrattarietà di qua o di là a seconda del tempo e dell'occasione. E non su quella sedia che ci gela il culo. Non solo. Siamo da bacio accademico così spesso che ad ogni passo falso ciò che più ferisce è realizzare nell'inganno personale che "eppure io avevo studiato" o riscattarsi cercando a tentoni la realizzazione e dunque "la prego mi faccia un'altra domanda". Esistiamo convincendoci che basti mezza padronanza o mezza fortuna per saperci esperti e sapienti, per strattonare una approvazione estrinseca nella nostra direzione. Abbiamo tutti lo stesso sguardo di eccellenza, quando ci vaghiamo attorno l'un l'altro, quando ci circondiamo e ci tocchiamo le dita. Ma solo gli déi hanno sudato per il 30 e lode, e sono studenti altezzosi che non ti prestano gli appunti e che hanno il papà nel Consiglio di Amministrazione.
- Non si affligga. Non ha studiato abbastanza. Torni la prossima volta.
- Mi faccia un'altra domanda, la prego.
- S'è guardato in faccia?
(Narciso Vanesi, "30 e l'ode", 2013)

§Johan Razev§

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